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Gli italiani e il darkweb

  Ogni tanto mi piace navigare nel darkweb per vedere che succede dall'altra parte di internet. Non pensate subito male, è vero che ci trovi ogni tipo di fogna, ma il lato oscuro della rete è nato per permettere ai dissidenti politici di comunicare con il mondo esterno. Nel darkweb ci trovi tanti giornalisti, testate prestigiose come la BBC o il New York Times, premi Pulitzer. Poi ci sono i blog che parlano di tutto, dai cartoni animati alla politica. Tutto molto bello e interessante peccato che siano di tutte le nazionalità tranne che italiani. Ci trovi inglesi, tedesci, olandesi, americani, portoghesi, cinesi, rumeni, ma non gli italiani. Nel darkweb i connazionali sono pochissimi e si dividono in due categorie, chi posta cose zozze e non mi riferisco alle pozzanghere e chi è esperto informatico e scrive di cose tecniche spesso in inglese senza degnarsi di digitare un solo rigo in italiano. Manca tutto il resto. Non ci sono giornalisti italiani, non ci sono testate giornalistiche...

(In)Giustizia

Quando un politico viene accusato di qualche reato subito sentiamo parlare di uso politico della giustizia. Sì, è possibile che accada, ma se accade significa che la giustizia si è inceppata, significa che nel sistema giustizia qualcosa non funziona. Da sempre il potere ha cercato di piegare ai suoi voleri il potere giudiziario, avviene in ogni paese. processi politici ve ne sono stati e ve ne saranno ancora, non solo in Italia. Il più famoso uso politico della giustizia in tempi moderni è sicuramente il processo Dreyfus che fece indignare lo scrittore Emile Zola che pubblicò la sua famosa lettera J'Accuse per la quale fu condannato ad un anno di carcere e a pagare tremila franchi di multa, ma ebbe il pregio di far riaprire il caso. Altri esempi famosi di processi politici sono quelli americani contro i coniugi Rosenberg, ma soprattutto il processo agli anarchici italiani Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti resi celebri dal film di Giuliano Montaldo e dal famoso brano Here's To You composto da Ennio Morricone e Joan Baez proprio per il film e interpretato magistralemnte dalla cantautrice americana. Visti questi famosi precedenti non si capisce come l'Italia possa essere esente dall'uso strumentale e politico della giustizia. La questione però in Italia è un po' diversa. Noi abbiamo una giustizia che non funziona, per avere un processo bisogna attendere anni, situazione che ha permesso alla classe politica di veder caduti in prescrizione i propri reati oppure avere il tempo per modificare in corsa le leggi depenalizzando reati che vedono coinvolti via via questo o quell'altro politico. Pertanto l'uso della giustizia da parte del potere in Italia si traduce più che altro in un "non fare niente", lasciare che la macchina farraginosa della giustizia continui lenta. Se però ad una classe politica a cui tutto sommato una simile (in)giustizia può fare comodo non lo è per moltissimi detenuti che non sono ancora stati sottoposti a giudizio. Nel solo 2022 le persone incarcerate senza processo ammontavano a 7.175 (dati ufficiali del Ministero della Giustizia). La durata media dei processi in Italia, secondo "Il Sole 24ore" è di 1600 giorni per i processi penali mentre per i processi civili si può aspettare anche oltre i 2655 giorni, cioè oltre sette anni. La situazione quindi è drammatica. In Italia quando la politica finisce nei guai si usa sempre il termine magico "garantismo". Se è vero, in base alla Costituzione, che si è innocenti fino al terzo grado di giudizio, è anche vero che si ha una distorsione del concetto di garantismo. La nostra classe politica intende il garantismo in un'unica accezione, poter restare sulla poltorna senza rendere conto a nessuno. Questa concezione è piuttosto recente, risale alla discesa in campo di Silvio Berlusconi che, in seguito ai suoi noti guai giudiziari, sguinzagliò in tutte le reti televisive i suoi "berluscones" per propugnare questo concetto moderno di garantismo. Prima della sua discesa in campo il termine garantismo non veniva praticamente mai usato dalla classe politica, neppure Craxi vi fece ricorso. Tale concetto entrò talmente nelle menti degli italiani che se ne appropriò persino la sinistra, rendendosi doppiamente colpevole, la prima volta abbracciando una visione distorta di garantismo, la seconda permettendo l'uso strumentale della giustizia. Garantismo quindi non significa lasciare un politico in odor di reato a fare i propri comodi. il vero concetto di garantismo dovrebbe essere "permettere ad ogni imputato di avere una difesa più efficace possibile, un giudizio più giusto possibile, nei tempi più brevi possibili". Questo è il vero garantismo. E' ovvio che se adottassimo il concetto di garantismo inteso come processo giusto e rapido, la permanenza del politico sul suo scranno decadrebbe, come avviene in ogni paese civile del resto, perchè sarebbe suo interesse sistemare i guai giudiziari il più velocemente possibile se innocente e potersi quindi ripresentare alla prossima tornata elettorale e viceversa limitare i danni che un politico corrotto può causare se colpevole. A questo proposito pensiamo ad esempio alla vicenda di Roberto Formigoni condannato per tangenti nella sanità oppure alla vicenda di Filippo Penati che pur innocente si dimise dalle cariche pubbliche. Sarebbe pertanto opportuno quando un politico viene coinvolto in procedimenti giudiziari chiederne con forza le dimissioni senza guardare al colore di appartenenza, perchè solo in questo modo la politica metterà mano al sistema giudiziario rendendolo meno farraginoso e più svelto, perchè avere processi in un ragionevole lasso di tempo è interesse di tutti noi, delle nostre vite, delle nostre finanze, perchè non è possibile aspettare oltre sette anni per un risarcimento e non è possibile restare in carcere senza giudizio per anni e anni rovinando le nostre vite e delle nostre famiglie se innocenti.

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